sabato 7 aprile 2012

ADOLESCENTE, PERDONAMI...


Bisogna lasciare crescere le proprie unghie per quindici giorni. Ah! com’è dolce strappare brutalmente dal suo letto un ragazzo che non ha niente ancora sul labbro superiore, e passare soavemente la mano sopra la sua fronte, e piegare indietro i suoi bei capelli. Poi, all’improvviso, affondare le proprie unghie interamente nel suo petto morbido, in modo che non muoia; poiché, se morisse, non avremmo più tardi l’immagine delle sue miserie. Quindi beviamo il sangue leccando le sue ferite; e, durante questo tempo, che dovrà durare quanto dura l’eternità, il giovane piange. Niente è buono quanto il suo sangue, estratto come vi ho detto, e tutto caldo ancora, quanto queste lacrime amare come il sale. Uomo, non hai mai gustato il tuo sangue, quando per combinazione ti sei tagliato un dito? Quanto è buono, non è vero, poiché non ha alcun gusto. Inoltre, non ricordi d’avere un giorno, nelle tue lugubre riflessioni, portato la mano, a fondo incavata, sulla tua immagine malsana bagnata da ciò che cadeva dagli occhi, la quale mano quindi si dirigeva fatalmente verso la bocca che attingeva a lunghi sorsi, in questa coppa tremante come i denti dell’allievo che di sbieco osserva colui che è nato per opprimerlo, le lacrime? Come sono buone, non è vero, poiché hanno il sapore dell’aceto. Diremmo le lacrime di colei che più si ama; ma le lacrime del ragazzo sono migliori al palato; lui non tradisce, non conosce ancora il male: colei che più si ama tradisce presto o tardi...; io lo so. Dunque, poiché il tuo sangue e le tue lacrime non ti disgustano, nutriti; nutriti con fiducia delle lacrime e del sangue dell’adolescente. Bendagli gli occhi finché tu strazierai le sue carni palpitanti; e, dopo aver sentito per lunghe ore le sue grida sublimi simili, simili ai rantoli penetranti lanciati nella battaglia dalle gole dei feriti in agonia, allora, dovrai allontanarti, come una valanga ti precipiterai nella stanza vicina, e farai finta di venire in suo aiuto. Gli scioglierai le mani dai nervi e dalle vene gonfie, renderai la vista ai suoi occhi smarriti, rimettendoti a leccare le sue lacrime e il suo sangue. Oh! come allora sarà vero il pentimento. La scintilla divina presente in noi, che sembrava così rara, si mostra; troppo tardi! Come è felice il cuore di poter consolare l’innocente a cui si è fatto del male: "Adolescente, che hai sofferto dolori crudeli, chi dunque ha potuto commettere su di te un crimine che non so come qualificare! Infelice che sei! Come dovrai soffrire! E se tua madre lo sapesse, non sarebbe più vicina alla morte, tanto aborrita dai colpevoli, di quanto lo sia io adesso! Ahimè! cosa sono dunque il bene e il male? Sono una sola cosa attraverso cui testimoniamo con rabbia la nostra impotenza, e il desiderio di giungere all’infinito mediante i modi più insensati? Oppure sono due cose differenti? Che siano piuttosto una sola cosa, o altrimenti che ne sarà di me nel giorno del giudizio? Adolescente, perdonami; è colui che sta davanti alla tua figura nobile e sacra ad aver frantumato le tue ossa e straziato le tue carni che pendono in punti diversi del tuo corpo. È stato un delirio della mia ragione malata, un istinto segreto indipendente dai miei ragionamenti, simile a quello dell’aquila dilaniante la sua preda, a spingermi a commettere questo crimine; eppure, come la mia vittima, io soffro! Adolescente, perdonami! Una volta uscito da questa vita passeggera, voglio stare a te intrecciato per tutta l’eternità; non formare che un solo essere, la mia bocca incollata alla tua bocca; eppure, in questo modo, la mia espiazione non sarà completa. Allora tu mi strazierai senza mai fermarti; fallo con i denti e con le unghie allo stesso tempo. Io ti lascerò fare, e noi soffriremo insieme, io d’essere straziato; tu di straziare me, la mia bocca incollata alla tua bocca. O adolescente dai capelli biondi, dagli occhi tanto dolci, farai adesso ciò che ti consiglio? Malgrado te io voglio che tu lo faccia, e renderai felice la mia coscienza." Dopo aver parlato così, allo stesso tempo tu avrai fatto del male a un essere umano, e sarai amato da quello stesso essere: è questa la gioia più grande che si possa concepire. Più tardi lo potrai portare all’ospedale, poiché l’immobilizzato non potrà guadagnarsi da vivere. Ti chiameranno buono, e le corone d’alloro e le medaglie d’oro nasconderanno i tuoi piedi nudi, sparsi sulla grande tomba, dall’aspetto vegliardo. O tu, il cui nome non voglio scrivere su questa pagina che rende sacro il delitto, io so che il tuo perdono fu immenso come l’universo. Ma io esisto ancora!


(Da I canti di Maldoror del Conte di Lautréamont, traduzione di Andrea Giampietro)

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